L’interazione fra il mondo online e offline è sempre più attuale. Tempo fa sembrava una provocazione, ora si è trasformata in realtà.
In Italia circa il 98% delle vendite è effettuato nei negozi fisici, in paesi più evoluti come gli USA si arriva addirittura al 93%, ma rimane il fatto che la maggioranza delle transazioni avviene in maniera tradizionale. Anche se l’online rimane fondamentale come assist alle decisioni di acquisto nei negozi tradizionali.
Diventa imprescindibile, ogni giorno di più, conoscere i consumatori ed essere dove loro sono: Google, ma più in generale tutti i motori di ricerca, cercano di individuare non solo quello che gli individui cercano sul web, ma si dirigono verso i confini dell’offline, analizzando i comportamenti anche negli ambienti tradizionali.
Google affianca infatti al concetto di “Nearby” quello di “In my driveway” spostando l’attenzione da local to me now a local to me later. Proprio per questo ha da poco introdotto anche in Italia lo Store Visit Insights: un’analisi dei dati della Location History che memorizza le posizioni dei dispositivi mobile, e quindi di tutte le persone che li portano con sè, dando la possibilità a Google di tracciare la visita in un negozio, calcolata sulla base della vicinanza fisica al punto vendita.
Si tratta di uno strumento di misurazione accessorio alla funzione ETC (Estimated Total Conversions), che ha fatto la propria comparsa già nei mesi passati consentendo agli inserzionisti di conoscere le azioni degli utenti in maniera più consapevole.
Store Visit Insight: funzionalità e vantaggi
Lo Store Visit Insight consente di misurare le visite in negozio come conversioni da campagne online.
La decisione di Big G di introdurre questa novità è diretta conseguenza della percentuale sempre più crescente di utenti connessi che, nell’arco di una stessa giornata, usano diversi dispositivi per fare shopping. Questa ominicanalità sottende che un utente, dopo avere visualizzato un annuncio pubblicitario online, interagisca con un brand, con un servizio o con un prodotto in modo “nuovo”, per esempio visitando il negozio, effettuando il download di un’app o semplicemente telefonando. Questa connettività costante esercita quindi una notevole influenza sulle modalità con le quali un consumatore entra in contatto con un brand e, al tempo stesso, sulle possibilità con le quali le aziende ipotizzano, pensano e costruiscono esperienze rivolte ai propri clienti e strategie di marketing.
Il web quindi sta conquistando una posizione sempre più importante per la valutazione e le decisioni di acquisto, sia negli eCommerce sia nei negozi tradizionali.
Con la ETC Google consentiva il monitoraggio delle conversioni più elaborate, come per esempio quelle multidevice, permettendo agli inserzionisti di modificare le proprie campagne e di renderle più precise e performanti (e di conseguenza più redditizie).
Grazie agli Store Visit Insight (cioè la novità appena introdotta), le cose miglioreranno ulteriormente. Questa funzionalità è attiva solo sugli inserzionisti che presentano i requisiti che seguono:
- Predisposizione di un Account Google My Business connesso con Adwords.
- Attivazione dell’estensione Location.
- Presenza di più sedi fisiche sul territorio.
- Ricezione di un elevato numero di click online e visite negli store fisici.
Nell’immagine che segue si riporta l’esempio di una vista cruscotto relativa a questa funzionalità.
Ma come funzionano gli Store Visit Insight?
Google determina una visita in negozio basandosi sulla prossimità dell’utente, rispetto al luogo, grazie alla Location History, o alla Cronologia delle Posizioni attivata su smartphone Android o Apple. Come per le telefonate e le conversioni cross-device, le visite ai negozi sono stime. Google usa infatti dati aggregati e anonimi estrapolandoli da un’ampia popolazione. Questa metrica traccia i click sulle ricerche pubblicitarie su tutti i device (smartphone, tablet, desktop), e su tutti i tipi di campagne, incluse i Product Listing Ads e i Local Inventory Ads (oltre a Google Local Shopping).
Per i mercati tradizionali le stime sono basate sulle visite nei negozi effettuate entro un massimo di 30 giorni dal click, mentre per quelli che contengono una customer journey più complessa le stime possono avere una finestra attiva di 60 giorni (ad es. l’automotive).
Ovviamente gli inserzionisti devono verificare le loro attività su My Business e associarle a delle campagne per poter sfruttare questa funzionalità.
Nell’annuncio di Google vengono riportati 2 esempi. PetSmart, ad esempio, con questo sistema di misurazione ha stimato che tra il 10 e il 18% delle visite ai negozi dipendevano da click su annunci Adwords.
Questa metrica stima quindi soltanto le visite ai negozi, non gli acquisti. Ma Google sta facendo dei test per misurare anche le transazioni nei negozi usando i dati di vendita dei negozianti.
Perché solo una stima e non dati precisi? Nell’annuncio di Google Surojit Chatterjee scrive esplicitamente:
“This feature has been carefully designed to keep data private and secure. We never provide anyone’s actual location to advertisers.”
Ci saranno quindi delle soglie al di sotto delle quali non verranno forniti dati e l’azione individuale non sarà attribuita direttamente al click fatto.
In un mondo dove molte metriche sono opinabili e falsificabili si cominciano ad avere metriche che contano, che segnalano i reali indicatori di successo. Cosa c’è più di reale di una visita in negozio?
Ovviamente Google non ha lavorato su questa metrica per filantropia, ma vuole allargarsi pesantemente al mondo offline, dimostrando i vantaggi che possono ottenere i negozianti nell’usare massicciamente Adwords.
Conclusioni
I risvolti di questa funzionalità sono assolutamente molteplici, ad esempio sarà possibile, per un negozio che ha anche un eCommerce, conteggiare quanti abbandonano l’acquisto prima di concluderlo; allo stesso modo si potrà monitorare il traffico in store dopo una campagna promozionale online sul sito web (PPC).
Concetti, questi, che affiancano l’eCommerce e che rendono misurabili digitalmente azioni offline: è solo l’ultima delle dimostrazioni del fatto che è necessario guardare le cose in modo diverso. Il web ha modificato il comportamento dei consumatori e lo stesso contesto entro il quale essi agiscono: capire, dunque, come uno strumento diffuso capillarmente come lo smartphone possa incentivare e definire, in modo inequivocabile, le conversioni in store è fondamentale ogni attività commerciale con punti vendita fisici.