Se il primo decennio del nuovo millennio ha visto come novità del web la nascita e lo svilupparsi dei social network, che hanno completamente trasformato il consumo di informazioni, il secondo decennio sarà probabilmente focalizzato su ciò che viene soprannominato social content curation, cioè la selezione, conservazione e archiviazione degli ormai infiniti contenuti digitali, rendendone più facile il loro consumo. Da un certo punto di vista potremmo dire che è l’inizio di un ritorno ad un web arcaico, quello che esisteva prima dei motori di ricerca, in cui il web era catalogato in liste di url e directory divise per comparti. Non più una serie di parole chiave in un motore di ricerca, ma l’esplorazione libera di contenuti raccolti in grandi categorie. Oggi l’esigenza è di nuovo quella di avere dei curator che ripropongano questo lavoro di selezione qualitativa e ognuno di noi, aziende in primis, oggi può farlo.
Perché “perdere tempo” per fornire una selezione di contenuti di qualità agli altri, gratuitamente? Perché la content curation genera valore, sia per le aziende che aumenteranno la loro brand awareness e potranno differenziarsi dai loro competitors, sia per i singoli utenti che, specializzandosi in un topic, raccogliendo i migliori contributi della rete con qualità e creatività, potranno diventare dei veri e propri “guru” della community di riferimento.
Diventare, sia da azienda che da singolo, trend hunter o influencer, genera fiducia, stima e apprezzamento, che non tarderà a trasformarsi in business. Siamo in uno dei tipici momenti storici in cui la mano è finita, si rimescolano le carte e comincia un’altra partita. Stiamo assistendo al cambio di paradigma da un modello user-centric a uno topic-centric. Così alla creazione di contenuti da parte dei singoli si affianca l’aggregazione di contenuti utili alle persone di una determinata community. Un passaggio da non perdere per ogni azienda che vuole attestare la propria presenza sul web 2.0.
È ipotizzabile la nascita all’interno delle aziende di una nuova figura professionale che si affianchi al Social media manager, e integri e completi il suo lavoro: il Social media content curator, che, come i curatori di una mostra o un evento, dovrà essere insieme direttore scientifico, promoter e pr (digital) del progetto aziendale.
Non è un caso che in questi mesi stiamo assistendo allo rapido sviluppo sul web di piattaforme di catalogazione di contenuti, il quale valore è dare la possibilità, tramite un’interefaccia user-friendly, di strutturare con semplicità i contenuti in un insieme. Questi saranno gli strumenti che il curator adopererà. E anche se a una prima occhiata, tutte queste piattaforme potranno sembrare identiche, ci si potrà rendere conto che in realtà ognuna di esse ha delle particolarità (sia di utilizzo che di fini) più o meno evidenti ed è ciò che finora ha fatto, per chi più per chi meno, la loro fortuna sul web.
Eccone un breve excursus per imparare a conoscerle:
Molti dicono che sia il motore primo di questa rivoluzione. Effettivamente i numeri stanno dalla sua. Basta utilizzare Google Trends e dare un’occhiata ai trend di ricerca per vedere l’impennata del grafico negli ultimi 4 mesi. Forse la sua fortuna è data da quella che è una sua peculiarità, il basarsi sulle immagini (foto e video).
Per capirne l’utilizzo basta analizzarne il nome, che deriva dai termini Pin (puntina) e Interest (Interesse). Pinterest ti dà la possibilità con un solo click di mettere una “puntina” su tutto ciò che reputerai interessante sul web e di catalogarlo.
L’iscrizione è a richiesta o su invito. Una volta ottenuto l’accesso, effettuate il log in (potete accedere tramite i dati di Facebook o Twitter), compilate i campi del vostro profilo e sarete pronti all’utilizzo.
La catalogazione si attua creando delle board, delle vere e proprie lavagnette online, alle quali applicare i propri pin. Createle seguendo i vostri interessi, cercando di dargli un tocco di creatività. Successivamente scaricate il pin it button da inserire nella barra degli strumenti del broswer. Grazie ad esso potrete pinnare le vostre immagini con un solo clic direttamente dal sito in cui vi trovate.
Pinterest, in sostanza, parte dalla logica dello stream di Tumblr o Twitter, ma lo perfeziona. Così il concetto del flusso isolato di elementi, viene superato con il concetto di collage ordinato e strutturato di oggetti visivi. Oltre a “pinnare” un’immagine sarà possibile anche apprezzare pin con un like o “repinnare” contenuti altrui seguendone il loro percorso.
Ma la rivoluzione sta nel fatto che tutto ciò non si perderà nell’oblio come in tutte le altre piattaforme di social networking, ma rimarrà incasellato e ben visibile all’interno della board da noi definita. Ciò che ne viene fuori è un mosaico di immagini che daranno immagine al tuo stile di vita o aziendale.
Scoop.it, Snip.it, Searcheeze
Sono tre aggregatori di contenuti che, a differenza di Pinterest, danno la possibilità di andare oltre le immagini e di inserire nei propri contenitori anche testi provenienti dal web. Ognuno di essi ha delle piccole differenze che lo rendono, a livello soggettivo, più o meno performante. In sostanza tutte e tre le piattaforme forniscono la possibilità di creare collezioni di contenuti di qualità. Il sistema di catalogazione e inserimento è simile a quello di Pinterest, creati i topic basta inserire sulla propria barra degli strumenti del browser l’apposito button per trasportare i contenuti di interesse dal mare magnum del web ai propri contenitori virtuali. Così, se con Pinterest si valorizzerà maggiormente l’immagine e lo stile, con questi sarà possibile curare il lato informativo.
Paper.li
Questa piattaforma dichiara la sua mission sin dal claim della sua home: “Start an online newspaper. Paper.li dà la possibilità ai suoi iscritti di creare dei veri è propri giornali online in maniera automatizzata, attraverso un pannello di controllo nel quale inserire quelle che dovranno essere le fonti da cui dovrà attingere il programma per creare il magazine. Le fonti potranno essere sia utenti Facebook, Twitter o Google +, ma anche liste di Twitter, hashtag, siti o blog tramite i loro feed.
Si potranno scegliere gli argomenti e la cadenza dell’uscita. Infine, grazie ad un ottimo sistema di sharing ogni volta che il giornale sarà online Paper.li comunicherà automaticamente tramite i tuoi profili social la pubblicazione e darà un feedback anche ai contributors, gli utenti da cui ha preso i contenuti.
Storify
Storify è invece un’ottima piattaforma di social storytelling collettivo, infatti permette di incorporare all’interno della “storia” che si vorrà narrare non solo link, ma anche Tweet, stati di Facebook, video da Youtube, foto da Flickr e Instagram, conservando tutti i link preservando così le fonti originali.
Il curatore in questo caso, più che essere un redattore, prende le veci di un cantastorie che raccoglie nel web pezzi di narrazione e, unendoli, li presenta al suo pubblico. Riguardo lo sharing, come Paper.li, anche Storify è fornita di un’opzione pingback, per cui invierà una notifica a qualsiasi fonte viene citata. Ciò aiuterà a rendere più virale e interattiva la “storia” narrata.
Ovvio è che puntare su tutte le piattaforme è un dispendio di tempo e di risorse non immaginabile per la maggior parte delle aziende. Il consiglio migliore è, probabilmente, quello di provarle tutte per qualche settimana e in base alle proprie esigenze e al feeling con la piattaforma svilupparne solo alcune. Se dovessimo ragionare per trend, sarà sicuramente utile puntare su Pinterest che da gennaio si è attesto al terzo posto in percentuale di referral traffic fra i social network. E pensare che sta camminando col freno a marcia tirato, funzionando ancora su richiesta di invito.
Ad ogni modo c’è chi vede in questi siti il primo passo verso quella che potrebbe essere una transizione epocale, dai tradizionali sistemi di ricerca web di massa a una catalogazione condivisa dei contenuti. Un cambiamento di paradigma da un approccio di ricerca (cerco un contenuto, interrogo il motore di ricerca con parole chiave esatte) a un approccio di scoperta (seguo una serie di canali di interesse e scopro quale contenuto può interessarmi). Quanto sia realmente ipotizzabile non si sa. Di sicuro qualcosa sta cambiando ed è importante esserci dentro, ora.