Retail

Brand Storytelling: l'importanza dei dati

Tempo di lettura 3 minuti

Dalla recente indagine Storytelling for Marketers condotta da Econsultancy su un campione di esperti del settore, emerge che c’è ancora molto lavoro da fare in vista dell’utilizzo dei dati al fine della narrazione, in termini di Brand Storytelling.

 
In che modo quindi è possibile utilizzare i dati per ottimizzare e migliorare la creazione dei Brand Storytelling?
 

Trovare i momenti che contano

Lazar Dzamic, co-autore di “The Definitive Guide to Strategic Content Marketing sostiene che un’eccellente narrazione debba avere una forte risonanza emotiva combinata a una buona “utilità di intenti”.
Con questo si intende che, oltre a narrare storie significative per i clienti (ad esempio trattando i temi a cui la maggior parte delle persone può essere interessata), i brand dovrebbero rispondere a specifici bisogni ed esigenze riferendosi ad uno specifico contesto di riferimento. È a questo livello che entrano in gioco i dati: sono l’elemento discriminante per identificare le esigenze degli utenti e rispondere in modo attento e personalizzato.
Il framework di Google “momenti che contano” può essere un valido supporto all’implementazione di queste informazioni, in quanto si focalizza nell’individuazione delle domande più frequenti e comuni connesse a uno specifico marchio. 
Per un brand di bellezza, ad esempio, potrebbero essere “come si applica il mascara?” oppure “quale tonalità di rossetto si addice maggiormente al mio incarnato?”.
È compito poi degli esperti di marketing analizzare questi dati per combinarli a empatia ed emotività al fine di creare racconti avvincenti
Anche survey e interviste ai clienti condotte in negozio possono essere utili spunti per definire questi “momenti che contano”.
 
Sephora è un grande esempio in termini di Brand Storytelling. La campagna Let’s beauty together” sviluppa una comunicazione bidirezionale: da un lato si rivolge direttamente ai consumatori e dall’altro si concentra nella produzione di contenuti unici e di valore.
Oltre a trasformare i dati in informazioni per lo storytelling, il brand li utilizza anche per realizzare messaggi efficaci, mirati e altamente personalizzati in tutti i canali.
 
campagna Sephora
 
 

Trasparenza e campagne data-driven

Molti brand stanno iniziando a essere più trasparenti rispetto all’utilizzo dei dati dei clienti all’interno delle campagne di marketing.
Spotify, rispetto a questo ambito, è un esempio di livello, infatti, già dal 2016 ha iniziato a sviluppare campagne che hanno come protagonisti i brani ascoltati dagli utenti sulla piattaforma. Nel cartellone pubblicitario, riportato nell’immagine che segue, è possibile osservare la messa in pratica di questa strategia. Un messaggio pertinente e altamente riconoscibile che fa trasparire quanto il brand conosca i suoi utenti.
 
“Alla persona che ha ascoltato 42 volte “Sorry” durante il giorno di San Valentino. Cosa hai combinato?”
 
 
Questo approccio basato sui dati è interessante ma, oggi, rappresenta ancora un azzardo. Infatti, nonostante gli utenti siano consapevoli del fatto che i loro dati siano parte integrante della piattaforma, per via delle possibilità di personalizzazione che offre, evidenziare pubblicamente questo aspetto e apporlo “sui manifesti”, è altra cosa.
Altro esempio di dati utilizzati per “informare” il marketing è la campagna “You’re not you when you are angry” di Snickers e, in particolare il suo algoritmo”hungerithm, utilizzato per misurare l’umore dei consumatori australiani.
L’idea alla base di questa campagna? Modificare il prezzo di un bar Snicker in base proprio allo stato d’animo del Paese. Per determinare questi “sbalzi di umore” il brand ha analizzato 14mila post social al giorno su Facebook, Twitter e YouTube in relazione a temi comuni come la politica, gli eventi sportivi, il traffico e, immancabile, il meteo.

Creare una narrazione interna convincente 

Lo Storytelling è generalmente inteso come una parte del marketing che si rivolge al consumatore. Tuttavia presenta anche sviluppi interni, soprattutto quando si tratta di attribuire un significato ai dati. Le informazioni sono alla base dei casi aziendali e sono indispensabili per realizzare strategie efficaci e che arrivino al target.
Disney è un brand che ha abbracciato totalmente questo approccio, utilizzando i dati in modalità differenti al fine di convalidare strategie interne. 
 

“Il dato in sé non è intelligente. Il plus deriva dalla comprensione di quali informazioni utilizzare e come includerle in specifici approcci di marketing. Per fare questo è indispensabile collaborare con esperti Data Analyst.”

Richard Ellwood, EMEA head of audience strategy di Walt Disney Company
In questo modo Disney è in grado di combinare i dati con l’esplorazione qualitativa.

Conclusione

Utilizzando i dati in modo consapevole e intelligente è possibile convalidare il processo decisionale dell’utente e sviluppare Brand Storytelling efficaci e mirati a rispondere specifiche esigenze dei clienti di riferimento.
  
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