Partiamo da un presupposto, da un assunto che non può essere messo in discussione: il mondo sta cambiando e lo sta facendo ad una velocità straordinaria.
Se quello che si nota intorno a noi è un cambiamento costante e fluido, quello che si percepisce meno è la velocità di questo cambiamento, anche se la velocità è la vera rivoluzione alla quale siamo di fronte, molto di più del cambiamento stesso.
I mutamenti, si sa, ci sono sempre stati: siamo passati dalla pietra, al ferro fino ai metalli, alle armi atomiche ed ai microchip. Oggi è l’era dei cellulari e di Internet, ma se dall’età della pietra ai chip sono passati migliaia di anni, dal Web cosiddetto 1.0 al Web 2.0 ne sono passati solo alcuni, durante i quali la rivoluzione c’è stata e c’è stata eccome.
Ecco allora il perché della difficoltà di adeguamento: l’uomo è un animale lento nei cambiamenti, abitudinario e poco flessibile, e la piega presa dal mondo è decisamente troppo veloce rispetto a quello che può essere tollerato dall’animale uomo.
Se è vero che il cambiamento è sempre esistito ed è sempre stato in atto, è anche vero che oggi avviene ad una velocità direttamente proporzionale alla quantità di novità che nascono. Ad ogni nuova tecnologia ne corrispondono altre diversificate e che si ramificano a loro volta.
A questo punto ci troviamo di fronte a situazioni diametralmente opposte, che rispecchiano esattamente quello che può essere fatto grazie alle nuove tecnologie e quello che dovrebbe essere fatto, ma che non lo è solo per questioni di burocrazia o “pigrizia mentale”.
“Le università come le conosciamo oggi stanno per sparire, abbattute dalla tecnologia. La previsione non viene da qualche collettivo studentesco in polemica con i baronati, ma proprio da un professore, che vede allargarsi crepe sempre più evidenti nella struttura dell’università tradizionale.
Secondo David Wiley, docente di Tecnologie dell’Istruzione all Brigham Young University, nello Utah, gli studenti sono sempre più lontani dall’attuale modello educativo, che prevede di partecipare alle lezioni recandosi fisicamente in aula a un orario stabilito rimanendo seduti per un’ora ad ascoltare il professore”.
repubblica.it
Ecco la direzione che è stata presa dalle cose: la completa fruibilità di TUTTO in ogni luogo ed attraverso diversi mezzi, senza più limiti fisici o di banali distanze: il superamento della carne come limite del nostro corpo.
Al tempo stesso la nostra pigrizia porta anche ad altri imbarazzanti risultati, come dire: ci sono le tecnologie ma noi non siamo in grado di gestirle perchè si evolvono più in fretta di noi.
“Nello studio ‘Un E-Government Survey 2008’, presentato all’inizio dell’anno, mette l’Italia al 56 posto nella classifica dei paesi le cui amministrazioni favoriscono – via Internet – il coinvolgimento dei cittadini. Davanti a noi, oltre ai paesi industrializzati, ci sono la Giordania, il Mozambico, il Botswana, la Mongolia, l’Azerbaijan, l’Egitto e la Cambogia.”
espresso.repubblica.it
Eccoci quindi arrivati al fulcro, al punto finale che con questo articolo si vuole umilmente dimostrare: esistono le tecnologie per cambiare il mondo, ci sono le possibilità per avviare una rivoluzione pulita, ecologica, culturale, storica e democratica ma ci si trova spesso di fronte un enorme monolito che è la pigrizia umana.
Per superare i nostri limiti e vivere davvero meglio, in maniera più leggera e sostenibile, dobbiamo cambiare il nostro modo di percepire i cambiamenti senza subirli ne soffrirli: nessuna economia di pensiero.