Architettura dell’Informazione e User Experience Design, un Master Executive “per imparare a progettare siti, applicazioni desktop e mobile, intranet, gestire la comunicazione digitale per le aziende e per la pubblica amministrazione, organizzare spazi informativi complessi. Un percorso professionalizzante per formare una nuova generazione di specialisti del web”: un’iniziativa dello IULM nata lo scorso anno e che quest’anno avvia la seconda edizione.
Un percorso che punta alla formazione di un tipo di professionista sempre più necessario anche secondo Boraso, tanto che lo scorso anno ha contribuito mettendo in palio una borsa di studio.
Organizzato in partnership con Architecta (società Italiana di Architettura dell’Informazione) e sotto la direzione scientifica di Ivan Berni, il Master è stato fortemente voluto da Federico Badaloni, che ne è coordinatore didattico e che abbiamo intervistato.
D. La strutturazione di informazioni, servizi e percorsi in tutti gli spazi informativi condivisi mette in campo competenze sia digitali che comunicative in senso più tradizionale. Quali caratteristiche e che tipo di background avevano i partecipanti al Master dello scorso anno: partivano da una formazione di tipo umanistico o provenivano dall’universo digitale e tecnologico?
I partecipanti erano idealmente divisi in due gruppi: un gruppo che veniva da competenze tecniche, dallo sviluppo, dalla grafica, e che già aveva fatto dei lavori in questi ambiti. Questo era un gruppo che cercava di “alzare la testa”, come un bravo giocatore di calcio che è bravo a fare dribbling ma non ha visione di gioco: voleva guadagnare una visione più ampia, che fosse quindi estesa alla content strategy, alla concezione proprio del prodotto in sé.
Dall’altra parte c’era un’altra famiglia che invece veniva dalla comunicazione in senso classico (chi era giornalista, chi capo di una squadra di comunicatori di una Ong, chi aveva una propria agenzia di grafica, intesa come illustrazione…) e che invece aveva voglia di continuare a lavorare in un ecosistema completamente mutato. Queste persone volevano capire come continuare a utilizzare le proprie competenze in questo nuovo ecosistema. Questa famiglia non aveva nessun tipo di competenza tecnica.
Voglio precisare che questo non è un Master propriamente tecnico, ma oggi è necessario essere in grado di comunicare anche con i tecnici, intesi sia come grafici che sviluppatori: bisogna conoscere un po’ di Html, un po’ di linguaggio di programmazione, altrimenti non si riesce a progettare nulla. Allo stesso modo di un architetto delle costruzioni, che per progettare un edificio deve sapere qualcosa di statica e di ingegneria, altrimenti progetta delle cose che poi non stanno in piedi.
Questa eterogeneità dei partecipanti non è stata un ostacolo, anzi è stata una risorsa: i due gruppi si sono fusi molto e hanno capito che i primi potevano essere utili ai secondi e viceversa. E’ nato un fortissimo senso di squadra.
D. Dicevi che tra i partecipanti vi erano persone che già avevano esperienze lavorative. C’erano anche studenti? E com’è cambiata la loro collocazione professionale dopo il Master?
Io ho visto due grandi tendenze: coloro che volevano estendere le loro competenze professionali (fare il salto di qualità) e quelli che volevano raffinarle. Tra i partecipanti c’era anche un 20% di neolaureati, che oggi stanno lavorando e stanno lavorando molto bene. Premetto che all’inizio il corso pone delle basi culturali comuni, che spesso nemmeno chi vede la rete da un punto di vista tecnico possiede. Si tratta proprio di capire concetti come il fatto che la rete sia un “grafo”, e cosa questo comporti. Poi la didattica è diventata mano a mano sempre più pratica, mettendo tutti nelle condizioni di lavorare. Tanto è vero che tutte le persone uscite dal corso in questo momento stanno lavorando presso aziende e fanno esattamente ciò per cui sono state formate.
Francesca Caprioli, la persona che ha avuto i voti più alti (tra l’altro è la studentessa che ha avuto la vostra borsa di studio), sta lavorando da noi, al Gruppo editoriale l’Espresso, e sta lavorando veramente bene. Così come stanno lavorando bene tutti gli altri, presso diverse agenzie e aziende. Tutti hanno avuto la capacità di entrare direttamente nei meccanismi produttivi e la cosa mi ha piacevolmente sorpreso e mi ha confermato che l’impegno che abbiamo messo tutti noi docenti nella didattica era ben indirizzato.
D. Dal tuo osservatorio, dunque, le aziende e le agenzie sono pronte a recepire questi tipi di professionalità? Diversamente da altri Paesi, l’impressione è che noi ci si trovi ancora a uno stadio pionieristico.
Io sto osservando dei trend: l’anno scorso ho fatto fatica a mettere insieme 10 persone. Quest’anno vi sono già 12 persone pre-iscritte a due mesi dal lancio del Master. Lo scorso anno il Summit italiano di Architettura dell’informazione, che era stato organizzato da me in quanto presidente di Architecta, aveva una ventina di società iscritte, alcune grandi (come Poste Italiane), molte piccine. Quest’anno, alla IX Edizione, abbiamo avuto 23 speaker, 225 partecipanti alla conferenza e 64 aziende iscritte. Sono ancora numeri piccini, però a me sembra importante vederne la progressione: se quest’anno le aziende iscritte erano 64, magari l’anno prossimo saranno 120…! Di quanto sarà questa progressione?
Quindi, io sono convinto che chi si forma in questo momento all’architettura dell’informazione e allo UX design (perché il nostro corso forma a entrambi) è una persona che “casca in piedi”. Poi – diciamolo chiaramente – se è una persona che è anche disposta a lavorare all’estero, allora di sicuro lo sbocco professionale c’è. Oggi a Londra c’è la fila di aziende pronte ad assumerlo, così come ad Amsterdam o a Berlino. Magari in Italia si fa un po’ più fatica, però dal mio punto di osservazione anche da noi si è iniziato a capire che dell’architetto dell’informazione non si può più fare a meno.
D. Quali sono stati i criteri di valutazione dei partecipanti al Master?
Il nostro Master è stato piuttosto atipico: era previsto che ci fosse un lavoro su un unico progetto, che fosse il filo conduttore di tutto quanto il corso. Di solito ci sono degli elaborati singoli, noi invece abbiamo immaginato che ci fossero proprio degli esami. Quindi la didattica è stata fatta a moduli coerenti e compatti. Anche in questo senso il Master è stato diverso: di solito nell’arco di una giornata si fanno due ore di lezione su una materia e due ore su un’altra. Noi invece abbiamo pensato dei moduli compatti: ad esempio, “Test sugli utenti” è stato un modulo di 12 ore e alla fine di ogni modulo il docente ha tenuto un esame che si svolgeva con un esercizio in classe individuale, poi gli elaborati erano valutati complessivamente.
Questo perché l’architettura dell’informazione è intimamente sfaccettata e quindi quando queste persone si troveranno a lavorare non è detto che si trovino sempre a realizzare un prodotto per intero: magari si troveranno a fare interfacce di front end, oppure solo architettura del profondo, oppure back end… Quindi, dal momento che ognuno aveva dei propri skill particolari, in questo modo mi è sembrato di tutelare di più gli skill individuali. Perché c’era qualcuno, come è avvenuto, che è andato meglio in alcune materie e peggio in altre, però ognuno ha poi potuto concorrere alla media generale e concorrere alle borse di studio.
D. Alla luce dell’esperienza fatta con la prima edizione del Master, avete modificato qualcosa nella seconda edizione, oppure vi siete ritenuti soddisfatti della formula adottata e la riproponete tale e quale?
Ho ritenuto confermata la didattica generale, tuttavia vorrei fare in modo che il prossimo Master abbia meno lezioni frontali e più laboratori. Quindi mi sono mosso in questa direzione, anche se le ore rimangono le stesse: ridurrò alcune materie, ma nel complesso l’impianto rimarrà lo stesso, mentre cercherò di cambiare soprattutto la modalità didattica.
Quest’anno mi aspetto che ci siano una quindicina di iscritti. Un numero che comunque dà la possibilità di seguirli uno ad uno.
Poi, permettimi di aggiungere una cosa. Quando partecipavo a eventi di diverso tipo e si arrivava al momento dei ringraziamenti, mi sembrava sempre una cosa che veniva fatta pro forma; invece, io devo dirti davvero in tutta sincerità che per me è stato commovente vedere l’appoggio che Boraso ci ha dato (insieme ad altre società). Abbiamo costruito tutto da zero. Io mi sono presentato come un perfetto sconosciuto all’Università Iulm di Milano proponendo il mio progetto. Quindi, se non ci fossero state delle aziende che hanno testimoniato concretamente il fatto di credere nella necessità di formare questo tipo di persone, io non avrei mai potuto realizzare questo percorso di formazione, perché i soli iscritti non sarebbero bastati, non sarebbero stati incentivati a partecipare a questo percorso di studio.
Io voglio cogliere l’occasione per ringraziarvi formalmente: la borsa di studio è stata una cosa importante e credo sia una cosa importante in generale per la nostra comunità.
Anche io lavoro all’interno di un gruppo e il fatto che si diffonda sul territorio la consapevolezza del valore aggiunto dell’architettura dell’informazione fa sì che anche per voi si moltiplichino le occasioni di essere chiamati a lavorare e si costruisca un circolo virtuoso.
Da una parte abbiamo proprio bisogno che vi sia una seconda linea, perché spesso abbiamo fame di assumere qualcuno che abbia delle competenze oggi difficili da trovare; dall’altra abbiamo bisogno che circoli quello che è il nostro linguaggio. Quindi sono veramente contento e vi ringrazio.
Senza dubbio vi è una cultura che va alimentata e diffusa, e in virtù della quale si possono costruire delle nuove alleanze.
Per parte nostra ringraziamo Federico Badaloni per quanto sta facendo in questa direzione come professionista e come docente e per il tempo che ci ha voluto dedicare.
Tutte le informazioni sull’edizione 2015/2016 del Master si trovano qui.