A mente fredda e a qualche settimana di distanza da #meetFS e da #CesenaticoBellavita, gli ultimi due grandi eventi in cui le aziende si sono rivolte a blogger e influencer della rete, tra plausi e critiche, provo a fare il punto su quello che sembra essere diventato un nodo sempre più spinoso, quando si parla di comunicazione e marketing online.
Da alcuni anni, consapevoli della crescente visibilità di questi soggetti, infatti, molte aziende e organizzazioni hanno cercato di coinvolgere blogger e influencer della rete in operazioni di marketing e/o di comunicazione, al fine di aumentare la cassa di risonanza e di ampliare il “reach” e il riscontro di tali campagne o eventi. Premesso che non sempre le aziende o i loro partner e consulenti sono riusciti a centrare l’obiettivo, scegliendo i referenti migliori e mettendoli nella condizione di svolgere al meglio il proprio compito, con il passare del tempo questo connubio sta ricevendo molte critiche e, talvolta, si sta anche rivelando poco proficuo per entrambe le parti in causa.
Andiamo con ordine, però. La questione è delicata, perché gli aspetti e i risvolti di cui tenere conto sono molteplici, dalla credibilità e dall’indipendenza intellettuale di blogger e influencer, agli interessi e finalità delle aziende, passando attraverso una fitta rete di interessi terzi (e inopportuni, oltre che inevitabili) di consulenti e agenzie, di opinion leader e attivisti di varia natura, di piccole o grandi “lobby” della rete e, buon ultimo, al sentiment del web stesso, sempre difficile da imbrigliare e altalenante quanto basta per essere di difficile e alterna comprensione.
Una cosa è certa, però. Il panorama del marketing e della comunicazione è cambiato anni luce, dai tempi di “Carosello” ad oggi e se è vero che esistono ancora aziende impantanate in quei paleolitici registri di comunicazione e in un range di obiettivi oggi risibile, per dimensioni e finalità, è altrettanto alla luce del sole che la maggior parte di loro ha ben compreso le dinamiche dei nuovi media ed è già entrata nell’era della conversazione, subordinando i meri obiettivi di vendita e di business ad altre e ben più complesse dinamiche e priorità.
Il vecchio schema azienda / pubblicità / testimonial, sui nuovi media non funziona e non ha alcun senso, cosa che qualche azienda non ha ancora compreso appieno, finendo per trasformare blogger e influencer in testimonial e dando ragione a chi critica questo connubio e lo relega al ruolo di markette pure e semplici. La maggior parte delle aziende che organizza blogger day, blogger contest o similari, però, comunica e ragiona in modo diverso e sa bene come funziona la macchina e “come gira il fumo”. Generalizzare e attaccare a testa bassa è dunque un grave errore.
Un errore in cattiva fede, per giunta. E’ l’errore che molto spesso fanno i “vecchi marpioni” del marketing e della comunicazione “old style”, in cui ogni volta che qualche volto noto spezzava una lancia in favore di un’azienda, la marketta era garantita, così come il lauto compenso e/o benefit di varia natura. Ovvio che chi conosce solamente quel mondo, non riesca a comprendere come i nuovi volti del web si prestino per ragioni molto diverse da quella economica, che vanno dalla pura passione per un brand o per una categoria di prodotti, alla curiosità, alla voglia di mettersi in gioco, all’esibizionismo (in casi rari) e a molto altro ancora, oltre che alla ovvia ed evidente motivazione principale: creare contenuti per alimentare blog e presenza online.
Chi sbaglia, quando il matrimonio non funziona, è quasi sempre l’azienda. Perché ha scelto male i suoi referenti, basandosi esclusivamente sui loro numeri (fan, follower, klout, etc.) o sulla loro popolarità, indipendentemente dalle motivazioni cui essa è dovuta. Perché anziché dialogare ha cercato di vendere. Perché ha cercato di rimediare ad errori colossali del passato o a cercato di ripulire la brand reputation. Perché, forse l’errore più grave e frequente, ha trattato blogger e influencer come fossero giornalisti, invitandoli ad una conferenza stampa invece che “fargli fare un giro di giostra”.
Il nocciolo della questione è tutto qui, infatti. Con i nuovi media il vecchio approccio “istituzionale” non funziona, da nessun punto di vista ed in quasi nessun contesto. Il “socialcoso” è fondamentalmente un bambino ipertecnologico, esperto, influente e trainante quanto vogliamo, ma è sostanzialmente un entusiasta, un curioso, uno che ama stare in prima fila perché da lì si vede meglio e che, nella maggior parte dei casi, “si sbatte” per arrivare davanti non tanto per una forma di esibizionismo, quanto perché è consapevole che se non arriva fin lì non potrà avere quei piccoli privilegi che la rete riconosce ai più visibili. E non si tratta di soldi o di prebende, non di regalie o gadget, ma di opportunità.
A #meetFS ho preso parte personalmente, così come a decine di altri eventi più o meno in esclusiva. Niente gadget, che talvolta arrivano (cose da niente, per lo più offerte in funzione di una prova o di una recensione, comunque), nessun premio di alcun genere, nulla di nulla. Eppure dalla rete sono arrivate accuse pesanti: “Vi pagano, vi regalano biglietti” e altro. Cosa ci hanno fatto fare? Un faticoso giro di un giorno nelle loro stazioni, depositi, centrali operative, officine, per vedere cosa c’è dietro ad uno dei servizi più criticati d’Italia e spiegarci il loro punto di vista, dalle vive parole dell’Amministratore Delegato. Qualcuno ha pensato che in questo modo FS sperasse di arginare le critiche devastanti della rete, che fosse un’operazione di marketing, che noi blogger stessimo lì per “markettare” indecorosamente. La verità è che ho visto con i miei occhi un mondo che non conoscevo e ho potuto riportare alla rete questa esperienza. Tutto qui.
E’ questo che le aziende debbono cercare dalle loro azioni con blogger e influencer (termine abusato, ci sarebbe da scrivere fiumi di parole al riguardo). Chi crede di poter vendere o di tirarsi dietro al guinzaglio migliaia di utenti, imboniti grazie ai “socialcosi”, sbaglia e quasi sempre ne paga le conseguenze. Se il registro è quello del dialogo e della conversazione, invece, condito con il giusto mix di ingredienti (gioco, prova sul campo, visita agli stabilimenti o agli impianti, etc.) il successo è più che probabile e l’entusiasmo dei blogger coinvolti non sarà percepito come una marketta, ma per quello che è, ovvero come la gioia di vedere e di fare qualcosa di diverso e di speciale. Aziende, siate creative!