Le nostre decisioni non sempre sono guidate dal principio della razionalità, come dimostrano le scienze cognitive ed economiche più recenti. Le conseguenze per il marketing.
Cartesio ci ha insegnato che “cogito ergo sum” e, almeno da quel momento, abbiamo iniziato a rappresentarci come individui razionali, in quanto tali capaci di arginare istinto ed emotività; capaci anche di valutare in modo obiettivo le situazioni e di scegliere, tra diverse alternative, quella più vantaggiosa per noi.
Qualche secolo dopo Cartesio, la psicoanalisi ha portato alla luce l’inconscio, il lato oscuro delle nostre esistenze e i processi affettivi ed emotivi che governano le nostre azioni. Pubblicità, “persuasori occulti”, psicologi sociali prestati al mercato hanno imparato bene questa lezione e la sanno applicare con risultati di notevole efficacia alla nostra vita di consumatori.
Anche gli studi sul processo decisionale dimostrano quanto la convinzione della razionalità sia una pia illusione e come siamo sempre soggetti a condizionamenti, talvolta originati dal nostro stesso modo di pensare, che mettono sotto scacco la nostra capacità di giudicare e di agire lucidamente. Conoscere alcuni di questi condizionamenti è interessante per chi si occupa di marketing: aiuta a comprendere perché vi sono campagne che funzionano molto bene e perché, per quanto si sia degli acquirenti smaliziati, siamo molto disponibili ad accogliere determinate offerte e promozioni.
Partiamo con un esempio. La scorsa settimana abbiamo anticipato un bel po’ di soldi per partecipare a una cena. Ora sono le sette di sera e ci rendiamo conto di non aver voglia di andarci: siamo troppo stanchi, non sappiamo cosa metterci e siamo convinti che ci annoieremo a morte… Che si fa? Andiamo o ci facciamo portare a casa una pizza da mangiare sul divano?
Secondo il modello microeconomico classico, siamo esseri perfettamente razionali che agiscono valutando con precisione costi e benefici delle loro azioni, quindi, dato che il costo sostenuto per la cena non è recuperabile, optiamo per il nostro benessere e diamo ascolto al canto delle sirene del divano. Nella realtà, è più probabile che ci mettiamo a pesare il costo già sostenuto e quindi “codifichiamo” come perdita effettiva non partecipare a qualcosa per cui abbiamo già pagato: non recarci alla cena di cui abbiamo già anticipato il costo è classificato da noi come perdita effettiva (quantificata in valore con i soldi sborsati). Quindi, seppure con la morte nel cuore, ci vestiamo e andiamo a mangiar fuori.
Numerosi esperimenti hanno confermato che c’è una tendenza generale a non ignorare i costi non recuperabili (meccanismo psicologico che gli anglosassoni chiamano sunk cost effect).
Emblematico l’esperimento sulle scarpe. Vi è un paio di scarpe del valore di 200$, che però provoca un dolore insopportabile perché troppo stretto. Gli individui sottoposti all’esperimento che hanno ricevuto le scarpe in dono se ne liberano senza indugio, mentre quelli che hanno pagato per averle sono molto più restii a sbarazzarsene. La scelta però non è razionale: che io abbia pagato per quelle scarpe, o che mi siano state donate, ciò che conta è quanto fastidio provo indossandole e se questo fastidio è tale da indurmi a non indossarle mai più.
Sia nell’esempio della cena che in quello delle scarpe la maggior parte delle persone decide in modo sub-ottimale. Perché?
La spiegazione a questi comportamenti ha provato a darla l’economista Richard Thaler che, nel contesto dell’economia comportamentale, ha sviluppato la teoria del mental accounting, secondo la quale le scelte economiche delle persone sono mediate da un vero e proprio sistema di contabilità mentale, che non è neutrale e che produce comportamenti non del tutto coerenti col modello microeconomico neoclassico standard.
La contabilità mentale è diversa da un mastrino
La scienza economica si fa così affiancare da alcune intuizioni e scoperte delle scienze psicologiche, per offrirci dei contributi molto interessanti anche sul piano del marketing. In particolare, gli psicologi cognitivi hanno proposto la teoria del prospetto, che fornisce un modello teorico relativo ai processi decisionali che inducono le persone a prendere decisioni sub-ottimali.
Daniel Kahneman e Amos Tversky (1979) nel loro lavoro sulla teoria del prospetto nell’ambito della psicologia cognitiva e della teoria della decisione hanno introdotto i concetti fondamentali di framing (secondo cui l’utilità dipende dal contesto di riferimento), e di loss aversion, per cui una perdita produce una diminuzione di utilità superiore (in valore assoluto) all’aumento di utilità generato da un guadagno di pari entità.
Sulla base dell’ipotesi del mental accounting, Thaler trova una possibile spiegazione a due interessanti anomalie, cioè a comportamenti frequentemente riscontrati ma non spiegati dalla teoria economica.
La prima è nota come endowment effect (o “effetto dotazione”), e consiste nella discrepanza, osservata sperimentalmente anche da Kahneman, tra la valutazione che si dà a un bene nel caso in cui lo si possieda e la valutazione che si dà dello stesso bene nel caso in cui non lo si possieda. In particolare, i ricercatori hanno notato che si tende a valutare di più un bene che già si possiede, ovvero che fa parte della nostra dotazione.
Mental accounting ed effetto “costi sommersi”
L’altra rilevante anomalia è nota come sunk cost effect o “effetto costi sommersi“. Anche in questo caso è violata un’ipotesi della teoria economica normativa standard: essa vorrebbe che i costi relativi a scelte già compiute e irreversibili (i “costi affondati”, o “sommersi”, come quelli della cena cui non volevamo partecipare), non influenzassero le scelte successive. Nella pratica ciò spesso non avviene, e nel valutare un investimento o un progetto spesso si considerano, oltre a costi e benefici marginali, le risorse già impegnate e non più recuperabili.
Il mental accounting ipotizza che questo effetto insorga perché gli attori economici tentano in ogni modo di evitare “sprechi” ovvero pagare per beni che non si utilizzano, in quanto questo genera loss aversion, e quindi forte diminuzione dell’utilità.
Un’altra componente importante del mental accounting è l’intuizione che l’acquisto genera utilità non solo perché permette di fruire di un certo bene, ma anche perché le persone amano l’idea di “aver fatto un affare”. Questo è il significato della utilità di transazione: essa si aggiunge all’utilità derivata dal bene in sé, e dipende dalla differenza tra il prezzo d’acquisto e il prezzo “di riferimento” che il consumatore associa al bene acquistato. Secondo Thaler, se il prezzo è assai inferiore a quello che il consumatore considera normale o giusto, la forte utilità di transazione generata può consigliare l’acquisto di beni che in realtà non sono molto utili. È evidente come il marketing spesso cerchi in ogni modo di creare utilità di transazione, suggerendo prezzi di riferimento elevati.
Secondo la teoria, vi sono sistemi di conti mentali anche per il reddito e la ricchezza.
Il reddito si presta ad essere contabilizzato in base alle fonti: la stessa somma di denaro è percepita in modo diverso se ottenuta in modo occasionale (come in una vincita al lotto) o meno (come un aumento di stipendio). Si suppone, e vari esperimenti sembrano confermarlo, che la “serietà” della fonte influisca sulla propensione a spendere il denaro e sul tipo di acquisti effettuati: mentre una somma di denaro ritrovata inaspettatamente nella tasca del cappotto o nella borsetta che non usavamo da tempo si presta ad essere spesa prontamente e in modo voluttuario, lo stesso non accade se la stessa somma è stata ottenuta per effetto di un aumento di valore dei propri fondi pensione: è più probabile che non sarà spesa per nulla.
Le applicazioni del sunk cost effect al marketing
- Servizi di abbonamento
L’effetto costi sommersi ci spiega come mai i servizi di abbonamento sono così popolari. La maggior parte di questi offre l’opportunità di risparmiare denaro iscrivendosi per parecchi mesi e pagando in anticipo. Gli acquirenti che decidono di avvantaggiarsi dei risparmi si accorgono molto velocemente che devono trovare il modo di apprezzare i prodotti che hanno già ricevuto.
Un meccanismo simile accade con le palestre che offrono gli abbonamenti annuali a prezzi scontati, ed è proprio la ragione per cui i più pigri vi aderiscono: “dato che ho pagato mi tocca andarci, …e poi fa tanto bene!”.
- I vantaggi del branding
Dal momento che le persone sono disposte a pagare di più per prodotti di brand che percepiscono di qualità superiore, si può trarre un grosso beneficio dall’effetto costo sommerso. Quando i consumatori pagano un prezzo più alto per i tuoi prodotti, si convinceranno che questi sono migliori di quelli di prezzo inferiore.
Dal momento che hanno pagato un prezzo più alto, gli acquirenti sono decisi a credere di non aver perso denaro. Condivideranno la loro esperienza con i tuoi prodotti, anzi se ne faranno promotori, come un modo di convincere se stessi e gli altri che il costo ne valeva la pena. Ed è probabile che torneranno per altri acquisti una volta che hanno stabilito che il tuo brand è migliore.
- Assistenza upselling
Una volta che gli acquirenti hanno pagato un’ingente somma di denaro per i tuoi prodotti, possono essere facilmente persuasi ad aggiungere ancora qualcosa per avere un’esperienza davvero stellare. Ad esempio, se acquistano un laptop, sono preparati ad acquistare in aggiunta un software antivirus per proteggere il loro investimento.
Se acquistano un posto su un volo, potrebbero essere convinti ad aggiungere qualcosina per avere più spazio per le gambe o per avere un posto in business class.
Il motivo per cui sono preparati ad una spesa aggiuntiva è che, prima di considerare la possibilità di pagare di più, devono conteggiare quanto hanno già pagato.
Mentre riflettono sul prezzo del laptop, realizzano che hanno già investito un sacco di soldi nell’acquisto di quel computer. Qualcosa di così pericoloso come un virus in un attimo potrebbe rovinare quell’investimento. Nel caso del posto in classe economica, gli acquirenti realizzano che un bel pezzo in fondo lo hanno già pagato: un piccolo extra per assicurarsi un volo comodo non sembra così grave…
Ecco dunque alcuni casi in cui il sunk cost effect è applicato con successo al marketing. Anche nell’e-commerce è possibile trovare realizzazioni interessanti di questo effetto. Personalmente in letteratura ho trovato queste:
Upselling nell’e-commerce
Informare i clienti di un costo già sostenuto sembra aiuti ad aumentare le vendite. Ad esempio, quando i clienti confermano un ordine per un paio di pantaloni in un sito di e-commerce, vedere insieme al prezzo il messaggio “completa il tuo outfit con questa camicia per soli 25€” può far aumentare in modo significativo il valore del carrello. Questo avviene ricordando ai clienti quanto hanno già investito per il loro abbigliamento, e sottolineando quanto piccola la cifra aggiuntiva richiesta per “completare” il proprio aspetto – peraltro l’idea di “completare” già di per sé stessa è un buon traino perché gioca sul desiderio di interezza e di integrità e sull’idea di collezionare (chi da piccolo ha fatto qualche album di figurine ne sa qualcosa).
Mettere in evidenza il valore
Se ci si trova a fronteggiare molte cancellazioni di prenotazioni all’ultimo momento, un po’ prima dell’evento si può notificare ai consumatori cos’hanno prenotato e il suo valore. Questo aiuterà ad aumentare l’effetto costo sommerso, e quindi il desiderio di partecipare, o quantomeno può succedere che il biglietto sia regalato a un amico che partecipi al posto di chi rinuncia.
Il ricordo come forma di post-selling
Per inciso, l’offerta di servizi di check-up su beni durevoli può far ricordare ai consumatori il costo che hanno già sostenuto e quanto perderebbero se questi subissero un danno, un po’ come accade con l’esempio dell’antivirus per il laptop. Questa formula molto generale è applicata in tutti i servizi post vendita (ma anche con le assicurazioni per automobili e per l’abitazione) e può trovare molte declinazioni anche nell’e-commerce.
Note
- Daniel Kaheneman è uno scienziato israelo-americano particolarmente poliedrico: psicologo, i suoi studi hanno spaziato su statistica, sociologia, neuroscienze ed economia, tanto da essere insignito nel 2002 (insieme a Vernon Smith) del premio Nobel per l’economia “per aver integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza”. Un bel testo in italiano di questo studioso è “Pensieri lenti e veloci”, pubblicato da Mondadori nel 2012.
- La teoria del prospetto formulata da Daniel Kahneman e Amos Tversky si trova in: “Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk”, Econometrica, 47(2), 1979, 263-291.
- Chi vuole approfondire la conoscenza del mental accounting può scaricare questo Quaderno curato da Lorenzo Magnolfi della Facoltà di Economia, Università degli studi di Firenze.
By Federica Trevisanello