Origliare, guardare dal buco della serratura di centinaia di porte diverse, ascoltare i sussurri, i cinguettii di decine di persone che di fatto non si conoscono.
Questo è Twitter per molte persone, un servizio di microblogging terribilmente limitato, che permette di scambiarsi brevissime informazioni (140 caratteri al massimo), che riduce la comunicazione allo stato embrionale e che non fa altro che trasmettere un “cinguettio” che diventa un brusio, un rumore di fondo comunicativo tra le persone.
Ma allora perché se ne parla tanto? Dove sta la rivoluzione in un social network che permette di inserire di fatto solo testo e che non consente la generazione di messaggi -ergo ragionamenti- complessi?
Forse, come dice il Corriere della Sera: “quando il jet della US Air ammara sul fiume Hudson o quando c’è il terremoto a Los Angeles, la notizia arriva coi messaggi di Twitter molto prima che sugli schermi della CNN o sui terminali dell’Associated Press: un cambiamento che costringe i giornalisti a dotarsi di una nuova «cassetta degli attrezzi » per affrontare rivoluzioni tecnologiche che stanno cambiando il modo di fare informazione. Poi arriva la rivolta in Iran e scopri che, con i corrispondenti stranieri messi alla porta dal regime degli ayatollah, Twitter diventa l’unico vero canale di informazione su quello che sta accadendo nel Paese: migliaia di ragazzi armati di cellulare che trasmettono brevi messaggi e immagini della sommossa e della repressione.”
Sono queste le grandi forze e le enormi potenzialità contenute in un piccolo servizio: la leggerezza, la portabilità e l’immediatezza.
Ecco che Twitter si trasforma da mezzucolo per origliare chi ci sta vicino a straordinario mezzo di comunicazione di massa, grazie al quale la tecnologia diventa il veicolo delle informazioni prodotte direttamente dalle persone: nessuna redazione, nessun vaglio, nessuna lottizzazione politica ma semplicemente la notizia pura e cruda, che viene vista, ripresa ed “uploddata” cioè sparate nell’etere senza essere smussata.
Non dobbiamo dimenticare che l’ANSA (nelle persone dei suoi giornalisti) per acquisire novità sulle evoluzioni dei fatti dopo il terremoto dell’Aquila, consultava Twitter… non il contrario.