Che il “mobile” abbia superato il desktop quanto a traffico Internet, è un dato di fatto. Vi sono differenze psicologiche e di comportamento tra gli utenti di smartphone e quelli di desktop. Conoscerle può essere utile per elaborare strategie di marketing?
Già nel 2013 Eric Emerson Schmidt, presidente del CdA di Google, aveva affermato “il mobile ha vinto“, affermazione confermata anche dalle ricerche pubblicate da Enders Analysis che mostravano (e mostrano, seppure con sfumature particolari) che smartphone e tablet hanno surclassato per traffico Internet i tradizionali Pc desktop.
I comportamenti degli utilizzatori di smartphone
La cosa interessante è che gli utilizzatori di smartphone hanno un approccio diverso rispetto agli utenti da desktop. Gli schermi più piccoli, la minore capacità di elaborazione e l’inferiore larghezza di banda causano alcuni comportamenti inattesi nei loro utilizzatori.
- La larghezza di banda inferiore dovrebbe incoraggiare gli utenti a privilegiare il testo, mentre lo schermo più piccolo incoraggia a fare maggior affidamento sulle immagini.
- Forse, ancor più sorprendentemente, gli utenti di smartphone guardano una relativamente ampia quantità di video – in particolare da YouTube a da altre fonti di contenuti generati dagli utenti – creando un paradosso in merito all’ampiezza di banda.
- Tuttavia, rivestendo il ruolo di compagno digitale, lo smartphone si comporta anche come un partner costante. La crescita del suo utilizzo come “second screen” (tipicamente, il suo utilizzo mentre si guarda la tv) significa che gli utenti mentre usano lo smartphone sono impegnati anche in altre attività. Ad esempio è ben documentato il legame tra l’attività sui social network e appunto il consumo televisivo.
Il problema del second screening
Il “second screening” presenta notevoli sfide per i marketer che cercano di attirare l’attenzione totale di un’audience.
Più problematico ancora è quanto suggeriscono recenti ricerche: il “second screening” potrebbe modificare la mente, innescando depressione e problemi emotivi. Queste condizioni sono anche associate a problemi nella presa di decisione – un veleno per i marketer che cercano di convertire il massimo numero di clienti.
Dal momento che lo smartphone va dappertutto con il suo proprietario, molti si sentono costretti a usarlo costantemente, come evidenziano questi dati:
- il 70% controlla il telefono il mattino entro un’ora da quando si è alzato;
- il 56% controlla il telefono prima di andare a letto;
- il 48% controlla il telefono durante il weekend;
- il 51% controlla costantemente il telefono durante le ferie;
- il 44% riferisce che si sentirebbe molto in ansia e irritabile se non interagisse con il telefono nell’arco di una settimana. [1]
In alcune regioni geografiche ben il 44% degli utilizzatori di smartphone si definisce affetto da “dipendenza” dal mobile phone.
Un numero significativamente più elevato rispetto a quello degli utilizzatori di desktop, che dichiarano tassi di dipendenza inferiori all’11%.
La nomofobia, ovvero: della dipendenza da dispositivo “mobile”
L’attaccamento patologico al proprio dispositivo si è guadagnato l’appellativo di nomofobia (no-phone phobia).
La “nomofobia” ha fatto la sua prima comparsa nel 2008, ed è un fenomeno diffuso soprattutto nei giovani utenti. I sintomi riscontrati: attacchi di panico o disperazione quando non si usa lo smartphone per lunghi periodi, e difficoltà di concentrazione sulle conversazioni o sul lavoro.
Chi ne è affetto sente il bisogno di controllare costantemente lo smartphone, per verificare l’arrivo di nuove notifiche; vi è persino chi arriva a sentire squillare il telefono anche quando non accade (phantom vibration syndrome).
L’ipotesi di alcuni psichiatri è che l’attaccamento al proprio smartphone sia simile ad altri tipi di dipendenza che comportano una dis-regolazione della dopamina. La dopamina è un neurotrasmettitore che regola il “sistema di ricompense” del cervello: motiva le persone a compiere azioni per cui ritiene che riceverà un premio. Secondo questa teoria, quando si riceve una notifica sul telefono si verifica un piccolo aumento della dopamina, che ci segnala che potrebbe trattarsi di qualcosa di interessante (un messaggio di testo da un mittente gradito, una e-mail, …). Il problema è che non si sa quando arriverà una nuova notifica, e questo costringe il cervello dell’utente a continuare a controllare.
Della nomofobia in realtà si parla già da alcuni anni, da quando gli smartphone sono diventati un prodotto di massa, e rientra in un campo più ampio, quello della dipendenza da internet.
Solo di recente, tuttavia, alcuni psicologi hanno avanzato la proposta di inserire la nomofobia all’interno del DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, utilizzato dai clinici e dai ricercatori per fare diagnosi. La nuova versione del DSM-5 aggiungerà per la prima volta il termine Internet Addiction Disorder (la preoccupazione di chi gioca troppo su Internet, di chi rimane troppo attaccato al computer, magari per fare giochi su Facebook e assume un comportamento che tende ad alienarlo sempre di più e a generare altre problematiche).
Nuove opportunità per il marketing?
Non è che si voglia invitare ad approfittare dei “malati”, intendiamoci! Semmai, dal momento che gli utilizzatori di smartphone sono sempre connessi, i marketer hanno un livello di accesso potenzialmente senza precedenti a una platea ampissima di utenti. L’esempio della smart TV mostra quanto attorno ai dispositivi mobile si potrebbero costruire campagne intelligenti, immersive e multi-canale.
Lo smartphone è per sua natura sempre acceso e sempre connesso; questo significa anche che gli utenti sono più aperti ad esperienze a valore aggiunto.
Ad esempio, i QR-code che si connettono a siti web ottimizzati per mobile stanno rapidamente venendo sostituiti da tag NFC che includono contenuto smart o con esperienze di realtà aumentata che danno vita ai brand e ai prodotti.
La ricerca costante di divertimento significa che gli utenti di smartphone sono più aperti rispetto alle loro controparti desktopper a contenuti di grande qualità – soprattutto dal momento che possono davvero essere online in ogni momento.
Conclusioni
In definitiva, le differenze tra smartphoner e desktopper sono forti:
- l’uso di smartphone spesso coincide con l’impegno su altre attività;
- gli smartphoner sono soggetti a più alti tassi di “dipendenza da Internet”;
- gli smartphone sono sempre accesi, fornendo nuove opportunità ai marketer per connettersi con loro.
Note
[1] Fonte: Sleeping with your smartphone: how to break the 24/7 habit and change the way you work – Leslie A. Perlow. Il testo è addirittura del 2012…!.
Se volete saperne ancora di più, suggerisco di recuperare le seguenti risorse:
- uno speech di Nathan Engels sulla psicologia del “mobile” al SIMEngage (Social + Internet Marketing Engage) di Northlich;
- un post pubblicato su DialogTech sul tema della psicologia del marketing per smartphone, con un focus sulla strategia per “mobile” e sul tracciamento delle conversioni.