Inauguro con questo post una serie di articoli che intendono rispondere alla domanda: come costruire un’identità organizzativa e di marca?
La costruzione della brand identity è un’opera lunga e laboriosa, un processo simile a quello della formazione dell’identità personale. Quello che farò qui, con una serie di post, è proporre un metodo sufficientemente semplice e praticabile per compiere i passi fondamentali necessari a chiarire a se stessi e agli altri:
- chi sono
- come mi colloco sul mercato
- come declino la mia identità in azioni di marketing.
In un quarto post vedremo anche quando può essere utile chiedere aiuto per sviluppare la propria identità organizzativa e come scegliere a chi rivolgersi.
Siamo tutti consapevoli che il brand è uno degli asset di maggior valore di un business e che deve essere costruito con la massima attenzione affinché rappresenti in modo fedele e autentico il business. Ikea, Coca Cola, Apple non hanno bisogno di spiegare chi sono e cosa fanno: hanno una brand identity che le rende immediatamente riconoscibili.
Tuttavia, la creazione di un brand non è opera della creatività di un genio isolato: è uno sforzo collettivo, cui partecipano i clienti, i dipendenti, i lettori dei blog, ecc.: chiunque interagisca con un business esercita un ruolo nel dar forma al brand.
Talvolta il concetto di brand risulta un po’ aleatorio, ma se gli si costruisce attorno una struttura, si può iniziare a impostare anche una solida brand strategy.
La definizione di brand identity
Secondo ciò che dice l’American Marketing Association:
la marca è un nome, un termine, un segno, un simbolo o qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori.
Pratesi e Mattia affermano che “il brand ha una propria manifestazione espressiva; è quindi un insieme di segni e simboli, tangibili e intangibili, che ne connotano fisionomia e personalità, come accade per un individuo”. Secondo Fiocca, Marino e Testori, “La marca rappresenta per imprese e consumatori un momento di attrazione e di congiunzione tra ciò che l’impresa è in grado di offrire e ciò che i consumatori percepiscono e desiderano”.
Secondo l’impostazione di Pratesi e Mattia la capacità espressiva della marca si può ricondurre a:
- identità (brand identity): determinata dall’insieme degli elementi espressivi utilizzati dall’azienda per veicolare le credenziali di una marca;
- immagine (brand image): determinata da ciò che i consumatori percepiscono della marca;
- posizionamento (brand positioning), che consiste nella valorizzazione degli attributi distintivi della marca agli occhi dei potenziali acquirenti.
Per ora, tuttavia, ci basti dire che la tua brand identity è la rappresentazione della reputazione di una società mediante la trasmissione di attributi, valori, scopo, punti di forza e passioni. Essa include:
- ciò che il brand dice
- i valori che propugna
- il modo in cui comunica i suoi concetti
- le emozioni che vuol far provare ai clienti quando interagiscono con il business.
Mi piace molto la definizione che ne ha dato Jeff Bezos (fondatore e Ceo di Amazon):
branding è ciò che la gente dice di te quando sei fuori dalla stanza.
Il prisma della brand identity
Per fornire una rappresentazione più olistica del brand, Jean-Noel Kapferer ha creato un modello chiamato “Prisma della Brand Identity”. Il prisma illustra 6 aspetti della brand identity: elementi fisici, personalità, cultura, relazione, immagine riflessa e rappresentazione di sé. Da notare che non vi è molta differenza tra questi aspetti e le caratteristiche che rendono ciascuno di noi una persona unica e inimitabile.
Secondo il modello, la sintesi di ciascuno di questi elementi è ciò che conduce al successo di un brand. Vediamo uno per uno il loro significato.
1) Physique: l’insieme delle caratteristiche oggettive ed esteriori associate alla marca
E’ l’aspetto fisico, riconoscibile del brand. Pensiamo all’Uomo coi baffi della birra Moretti, al Blu Barilla, al Baffo della Nike… Comprende quindi il logo, lo schema colori, il packaging, le community e gli spazi online. Se parlassimo della Coca Cola, sarebbe costituito da: il logo, il font corsivo, la forma della “classica” bottiglietta in vetro.
2) Personality: il carattere del brand
La personalità è il modo con cui la marca si porge al pubblico, il suo carattere, il suo tono di voce: surreale e bizzarro per Diesel, ricercato nella Lancia, ironico in Vigorsol, ecc.
La personalità si esprime con un certo stile di scrittura o di voce, con lo stile di design, anche con le celebrità di cui ci si avvale per ottenere endorsement. La personalità della Coca Cola è felice, giocosa, rinfrescante e rinvia a tutto ciò che ha a che fare con la condivisione e il divertimento.
3) Culture: il sistema di valori e i principi fondamentali su cui il brand basa il suo comportamento
Potremmo dire che “culture” sta per “universo culturale”: il sistema di valori ai quali la marca si richiama. Ad esempio, l’accettazione del diverso di Benetton, i valori della famiglia per Barilla, la meridionalità di Vallelata. La cultura di Coca Cola si fonda anch’essa su socialità e condivisione. Da notare che vi è (o vi dovrebbe essere) un legame profondo di coerenza tra la cultura del brand e la sua organizzazione.
4) Relationship: il tipo di rapporto umano messo in scena dalla marca
La relazione è il tipo di rapporto umano, interpersonale o sociale, che la marca mette in scena e supporta. Ad esempio: la serenità della famiglia Barilla, la festa di Martini, gli amici della festa Nutella. Coca Cola simboleggia la relazione come un rapporto fra pari di persone che appartengono alla stessa comunità.
5) Reflection: l’io ideale della clientela
Il riflesso è lo “specchio delle brame” che riflette le aspirazioni del target; è l’acquirente più stereotipato di quel brand. Il modello nel quale il pubblico di proietta (il coraggio dell’uomo che indossa l’orologio Sector, l’eleganza e la bellezza rappresentata da Claudia Schiffer, scelta come testimonial per la Opel). Un’azienda potrebbe avere diversi tipi di acquirenti, ossia diverse “personas”, ma qui ce ne deve essere uno solo: il tipo “top” di acquirente. Nel caso della Coca Cola, ancora, potrebbe essere il giovane di età compresa tra i 15 e i 18 anni che ha come valori il divertimento, l’amicizia, e lo sport, anche se l’audience di Coca Cola è molto più ampia.
6) Self image: il sé ideale del consumatore.
Si tratta di una “mentalizzazione”: è l’auto-immagine del consumatore che gli deriva dall’uso della marca. Self image rinvia a come il consumatore si sente attraverso l’uso della marca. Un esempio molto tipico è quello di Apple: chi usa i suoi prodotti si vede come persona che “pensa diverso”. I marketer e i pubblicitari possono fare ricorso al sé ideale della loro target audience per dirigere la propria strategia e il proprio approccio. Ad esempio, chi beve Coca Cola, potrebbe vedersi come una persona sociale, comunicativa e che cerca l’avventura.
Conclusioni
Abbiamo inquadrato il concetto di brand identity. Provate ad applicare il prisma di Kapfer al vostro prodotto o al vostro business e vedete se riuscite a definire in maniera chiara le caratteristiche di tutte le sei facce del prisma.
Nel post successivo vedremo come l’identità di marca si può applicare alla propria strategia di branding.