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Perché la pubblicità non ci ha salvati dalla crisi?

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La settimana scorsa è circolata la notizia che un’agenzia pubblicitaria belga, dovendo procedere ad una riduzione del personale, ha indetto un concorso online attraverso il quale è possibile decidere chi verrà licenziato.
Si trattava naturalmente di un falso, di un’operazione di marketing virale che aveva lo scopo di creare un passaparola e dare visibilità all’agenzia e alla sua capacità inventiva.
Difficile valutare i ritorni di un’operazione del genere: di sicuro ha avuto il pregio di portare agli occhi di tutti, in modo paradossale, un fenomeno che proprio nei giorni precedenti il Natale ha fatto tabula rasa di creativi in diverse agenzie di pubblicità italiane.

Nulla di cui stupirsi: la crisi economica ha portato ad una notevole riduzione del budget destinato alla pubblicità, che si è trasformata in tagli al personale creativo di piccole e grandi agenzie italiane.
Pare che qualcuno sia stato licenziato per telefono, altri all’indomani della festa aziendale.

Dopo la crisi economica e finanziaria, dopo la crisi dell’informazione, assistiamo ora anche alla grande crisi della pubblicità.
O forse quella che crediamo essere l’ultima è stata in realtà la prima.
Già. La crisi nel settore pubblicitario è arrivata prima della crisi economica, è arrivata quando le nostre agenzie di pubblicità si sono manifestate incapaci di rinnovarsi nel tempo, quando i creativi hanno smesso di inventare, quando si sono adagiati sul loro status quo e hanno smesso di produrre idee.

I media classici sono in crisi da tempo, la pubblicità italiana non ha saputo cogliere le nuove esigenze dei consumatori, non ha saputo rinnovarsi, non ha sfruttato le potenzialità delle nuove tecnologie: ha rinunciato, in tre parole, ad essere efficace, e anziché costituire il traino verso la ripresa è rimasta impigliata lei stessa nelle maglie della crisi.

Si parla di imprenditori che non possono più permettersi di investire in pubblicità.
Io parlo di imprenditori che non vogliono investire perché non ci credono, perché non si fidano.
Le imprese, come i consumatori, chiedono una comunicazione commerciale innovativa, una nuova spinta verso la creatività.

La pubblicità è un’opportunità, non un obbligo.
Le agenzie di pubblicità devono farsi conoscere come promotrici di cambiamento.
Devono saper ascoltare, perché la comunicazione è relazione.
E devono tener conto di una nuova generazione di consumatori che lavora, si diverte e si nutre di Internet.
Se i direttori delle grandi agenzie navigassero si renderebbero conto che il Web non è solo un insieme di informazioni ma una Rete di idee e di spunti offerti.
Il loro concetto di comunicazione si deve evolvere, approfittando di quei giovani talenti che sono ancora capaci di giocare e di fare magie.

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